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Erroneamente si può credere che i due termini, impresa e fabbrica, siano l’uno sinonimo dell’altro. L’impresa è l’idea originaria, la visione; la fabbrica è la sua interpretazione economica e declinazione pratica.

 

 

«Scegliamo di andare sulla Luna in questo decennio e fare le altre cose, non perché sono facili, ma perché sono difficili; perché quell’obiettivo servirà a organizzare e misurare il meglio delle nostre energie e capacità.» 

John F. Kennedy, 12 settembre 1962

 

 

Legate da un continuo dinamismo, l’impresa è eterna similitudine, quindi un’immagine invisibile ‘dell’ideale’; la fabbrica è somiglianza temporale, intesa come icona visibile e tangibile dell’impresa.
In questa cornice si inserisce la figura dell’imprenditore che trasfigura ‘’economicamente’’ l’idea originaria, il sogno, in una delle tante declinazioni possibili, creando qualcosa di concreto e palpabile attraverso la fabbrica.

Se prendiamo ad esempio il “Discorso alla Rice University sullo sforzo spaziale della nazione” del presidente statunitense John F. Kennedy, l’obiettivo di andare sulla luna è l’impresa, ovvero il sogno, di cui la Nasa e le altre industrie sono le declinazioni pratiche, ovvero le fabbriche. Questo schema impresa/fabbrica ha aperto filoni di ricerca e sviluppo che hanno portato alla creazione di tecnologie di cui abbiamo beneficiato tutti. Pensiamo, ad esempio ai microchip, che derivano dai circuiti integrati usati per il computer di bordo degli Apollo, e che nella loro evoluzione oggi fanno funzionare i nostri computer o i nostri smartphone.

Le definizioni di entrambe assumono senso unicamente se collegate tra loro: l’idea di impresa si svuoterebbe della propria essenza se non riuscisse ad essere sviluppata in una o più fabbriche. Al centro del complesso equilibrio, nel corso del tempo, si è inserita l’industria che ha influito sul porre l’accento unicamente sulla fabbrica, icona d’immagine d’impresa. L’industria non è altro che il luogo della moltiplicazione infinita di uno stesso bene ideato per essere l’oggetto del desiderio di una moltitudine disomogenea. 
Con l’esigenza di risposte concrete, nel Novecento, viene sviluppato il concetto di marketing, ideato per soddisfare i bisogni del nuovo mercato capitalista statunitense, incentrato su ciò che serve e sulla reperibilità dal maggior numero possibile di persone.

Tutta l’industria novecentesca si sviluppa su un algoritmo fondamentale: consumo/produzione, produzione/consumo. Il desiderio che un tempo era l’energia positiva stimolante, oggi viene spogliato della ‘’propria idea’’ e trasformato in logos, parola priva di anima; assumendo quindi una connotazione differente, di puro e mero godimento. 
La trasformazione del mercato ha portato ad una crescente razionalizzazione del sistema in campo tecnico, economico e mediatico, ampliando gli orizzonti ed indentificandosi in quello che oggi chiamiamo globalizzazione. 
Impresa e fabbrica, concetti complementari, assumono differenti forme a seconda delle esigenze e delle fasi storiche che il mondo attraversa, mantenendo però invariate le loro nature.